Pancrazia in Irpinia (Decima Parte)

Dov'ero rimasta?
Ah, sì: Simona.
Una nuova amica di SuperGra'.
Si conoscevano da poco, ma si erano immediatamente scoperte come due gemelle separate alla nascita. 
Un'esplosione di energia elevata al quadrato.

Loro brillavano tipo bombe all'idrogeno.
L'IncredibileAntonio ed io cercavamo riparo, buttandoci a terra e strisciando col passo del giaguaro.
Loro esibivano un'abilità nelle pubbliche relazioni che manco due ambasciatori!
Io, respingente quanto un grizzly con un'unghia incarnita, le guardavo ammirata, e prendevo appunti per il futuro e la mia nuova Me (che poi sarebbe l'attuale Me, ma questa è un'altra storia!).

A unire le due, oltre l'esuberante indole e la capacità di parlare senza mai prendere fiato, vi era la fotografia. Passione antica di Simona e molto più recente di Gra'. Passione che, in realtà, univa anche WonderVivì e BatDoriana.

In quei giorni vidi scattare centinaia, anzi migliaia, di foto mentre io, munita di solo cellulare, immortalavo improbabili, sbilenche, sfocate immagini che ancora esibisco orgogliosa nel mio profilo instagram. Tra questi scatti, i più numerosi raccontano la giornata agreste della mia vacanza, il motivo fondamentale per cui ero partita: il Regio Tratturo & Friends.

"Il Regio che?" vi starete chiedendo.
Ora ve lo spiego.
Un evento che si ripete tutte le estati. Una festa. Un fine settimana in campagna.
L'occasione per cui numerose genti di diverse nazionalità raggiungono una sperduta fattoria irpina, portandosi appresso buona volontà e ottuso entusiasmo urbano. E rendendosi protagonisti di un raduno di cittadini alle prese con la bellezza dei sapori semplici, il sano sudore del lavoro nei campi, e la fetenzia della puzza di concime.

Muniti di macchina fotografica (i miei compagni d'avventura) e di  tanta buona volontà (io) quel sabato mattina ci avviammo per la nostra bucolica esperienza. 

Orario di partenza: all'alba. Quasi. Insomma. Più o meno. Forse più che meno.
Prima sosta: raduno di tutta la compagnia.
Seconda sosta: ultimi acquisti pre-scampagnata.
Terza sosta: colazione al bar.
Quarta sosta: smistamento nelle diverse macchine.
Quinta sosta: attesa inutile nel parcheggio.
Sesta sosta: "Ma guarda, toh chi c'è, andiamolo a salutare"
Settima sosta: non me la ricordo ma ci deve essere stata per forza.
Arrivo in fattoria: ore 11. Più o meno. Forse più che meno.

"Dove sono le mucche da mungere?" esclamammo, gioiosi e fastidiosi, appena varcato il campestre confine.
"A quest'ora? Ma siete matti? Volevate vederle esplodere, povere bestie?" 
"Sì. No. Cioè. Che facciamo adesso?"
"Prima d'ogni altra cosa indossate il cappello villico d'ordinanza"  

E io così feci. 
E non me lo tolsi per le successive 10 ore.
E me lo portai anche a Torino.
E da allora troneggia a casa mia.
(Ma anche questa è un'altra storia!)


 

Comunque, non avendo potuto applicarci alla mungitura delle mucche, passammo direttamente alla preparazione del formaggio.


 

Continua...

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